domenica 25 marzo 2012

CHET BAKER: LIVE IN TOKYO

Questo è uno dei primi dischi che mi hanno affascinato del mondo del jazz, ancora molto inesperto e completamente a digiuno di storia jazzistica, mi capitò quasi per caso in mano (alle volte le casualità e gli incontri vogliono dire molto nella nostra vita). Un amico mi consigliò questo disco, me lo prestò e mi disse che sarebbe stata una musica che mi avrebbe rapito...devo dire che lo misi nello stereo quasi più per gentilezza che non per convinzione, ora credo che ciclicamente il mio stereo ospita questo cd, tanto da averlo ormai consumato.
Molto tempo dopo, quando ormai la mia passione e il mio interesse non erano solo dei germogli ma delle piante ormai rigogliose, scoprii molto di più su questo album, su chi fosse Chet Baker, la sua travagliata e distruttiva vita, quanto, nella realtà, fosse diverso rispetto al mio immaginario creato dalla sua musica.
Qualche tempo fa ho voluto approfondire ulteriormente l'argomento e mi sono letto una bellissima biografia, scritta da James Gavin (intitolata "La lunga notte di un mito"), alcuni punti sono stati sinceramente strazianti, pensare che un tale genio musicale potesse arrivare a doversi bucare all'inguine perchè non aveva altro posto dove iniettarsi la droga fa capire quanto inversamente proporzionale fosse il musicista rispetto alla persona. Vorrei riportare un paio di stralci di questa biografia, magari un giorno scriverò un post espressamente su di essa...

Nel primo è Ruth Young, la donna che forse lo ha conosciuto meglio e che ha amato di più, introduce la biografia con queste parole:
"Lui non voleva fare altro che suonare il suo strumento e cantare e sperare di lasciare qualcosa di buono dal punto di vista musicale. Questo sforzo è la cosa più bella. Stare qui a discutere perchè ha fatto questo o quest'altro, o cos'altro avrebbe potuto fare, che senso ha? Io lo so cosa direbbe lui: "Di che state parlando? Tutti fanno degli sbagli. Cos'hanno i miei di tanto peggio di quelli degli altri? Lasciatemi in pace!" La maggior parte delle persone non ci provano nemmeno, non arrivano da nessuna parte, non vivono. Chet era un bugiardo, un imbroglione, un figlio di puttana, ma almeno lo ha fatto. Milioni di persone a Wall Street vanno in bagno e si bucano con su il loro bel vestito e con molta meno rilevanza nelle loro vite. E' L'assenza di anima contro l'anima. Ed è per questo che le persone gli gravitano intorno. Lui sapeva davvero dove si dirigeva spiritualmente. Chet era uno spirito libero, il che significa che era in contatto con il suo spirito."

Mentre il secondo è proprio uno stralcio che fa capire la situazione in cui questo album è stato registrato, l'isola felice (almeno musicalmente parlando) di quel momento nell'inferno complessivo della vita di Chet:
A fine maggio, Baker partì per un secondo tour in Giappone. Portò Harold Danko, John Engels, un veterano batterista olandese, e il giovane bassista Hein Van De Geyn, anch'egli olandese. Come l'altra volta, Baker non osò violare le rigide leggi sulla droga e per tre settimane si accontentà del metadone e di un po' di cognac. Sul palco e fuori, era così lucido che Engels non riusciva a credere ai terribili racconti che gli avevano fatto su di lui. Per uno speciale televisico registrato il 14 giugno (1987) alla sala Hitomi-Kinen-Kodo di Tokyo, Baker si mise un impeccabile vestito nero, pettinandosi indietro i capelli con la stessa accuratezza degli anni '50. la sua voce sembrava rimessa a nuovo, e suonava con un tono vellutato. In Beatrice, una canzone bop di Sam Rivers, Baker stupì il trio per i trilli e il vibrato, non guastati dall'eroina.
Invece di sparire nella sua camera d'albero dopo il suo spettacolo, lui e la band andavano nei jazz club e suonavano per ore. I fan gli portavano rose e si mettevano in coda con mucchi di dischi da fargli firmare. Abbracciava Danko e si metteva in posa, sorridendo, addirittura ridendo. Baker annunciò che era sua intenzione tornare l'anno dopo con una nuova band, i Love Notes, diretta da lui e Diane Vavra.
Ma l'oppressione della vita senza droga lo stava divorando e con Diane era spietato. "Ragazzi, quei tour in Giappone, era meglio stargli alla larga, perchè era lì cge il suo carattere veniva fuori" dice Diane Vavra. "Era terribile". Il 17 giugno lasciarono il Giappone. Mentre aspettavano all'aeroporto, Peter Huijts manifestò il suo entusiasmo per il tour, cercando di suggerire a Baker quanto potesse essere bella la vita senza droga. "Già", grugnì il trombettista. "Non vedo l'ora di tornare a Parigi e strafarmi!".
Secondo il mio modesto parere resta uno dei migliori album di Chet Baker,  la versione di "Almost Blue" è la più bella che abbia mai sentito, credo che la sua interpretazione resterà negli annali di storia del jazz.

Disc 1
1    Stella by Starlight        
  

2    For Minors Only            


3    Almost Blue Chet            



4    Portrait In Black and White  
       
 


5    My Funny Valentine 

      




Disc 2
1    Four   

      

2    Arborway 

       

3    I'm a Fool to Want You 

     

4    Seven Steps To Heaven 



         

5    For All We Know   


       


6    Broken Wing

Musicisti:
Chet Baker (voce, tromba)
Harold Danko (pianoforte)
Hein Van Der Geyn (contrabbasso)
John Engels (batteria)

2 commenti:

  1. buonasera ! Ascoltando su you tube brani cantati e suonati da Chet Baker sono rimasta affascinata dal pezzo 'You'd be so nice to come home to' da 'Chet Baker in Tokyo'1987 , ma non mi risulta presente nella tracklist , e volendolo acquistare .volevo andare sul sicuro di trovarla..cos ami puoi dire?? grazie molte se mi rispondi!!

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  2. E' contenuto nella nuova ristampa del disco: Chet Baker in Tokyo (The complete concert)

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