Oggi consiglio l'ascolto di questo album di Bill Frisell, veterano della chitarra jazz, che presenta più che un omaggio un vero e proprio gesto d'amore verso la mitica band di Liverpool. In molti i Beatles non li vogliono ascoltare interpretati da nessun altro che non siano loro; io mi sono sempre divertito a sentire ogni sorta di cover.
A maggior ragione mi sono messo in ascolto se a roccontarmi il suo John Lennon è Bill Frisell imbracciando la sua chitarra. Questo album è esattamente ciò che sembra, un gesto d'amore e di rispetto, di passione e di bellezza. Un grido educato di dolore per questi 30 anni che abbiamo trascorso nell'assenza di una delle personalità più straordinarie e controverse della storia della musica. I classici dei Beatles e di Lennon reinterpretati da un quintetto jazz orientato verso un suono americano da un violino ed una lap steel a fare da compari a chitarra, basso e batteria.
Tutto è cominciato a Parigi, nell'ottobre del 2005. Sbarcato in Europa con Jenny Scheinman e Greg Leisz per un lungo tour (due le date italiane: a Sacile prima, e a Roma poi), Bill Frisell approda alla Cité de la Musique nei giorni in cui si celebrano la vita e la musica di John Lennon con una serie di proiezioni, installazioni, concerti e una mostra. Niente di più naturale per gli organizzatori che chiedere al chitarrista di Baltimora di partecipare all'evento. Qualche ora di prove, e il trio imbastisce undici cover lennoniane-beatlesiane da offrire alla platea.
L'esperimento funziona. I tre si divertono, il pubblico pure: quello di Parigi, e quello che nelle serate successive assiste alle repliche dell'omaggio, ignaro di quel che sta per ascoltare («Era fantastico vedere la reazione della gente dopo due o tre pezzi, quando iniziava a capire cosa stava succedendo», scrive Frisell nelle note di copertina).
E arriviamo a tempi più recenti: a una tre giorni allo Yoshi's di Oakland datata aprile 2010, che vede il trio evolvere in un quintetto con l'aggiunta di Kenny Wollesen e Tony Scheer, e al luglio del 2011, che segna l'ingresso in studio della band sotto l'egida dell'immancabile Lee Townsend e dalla Savoy, alla quale Frisell è approdato dopo il divorzio dalla Nonesuch.
L'approccio ai sedici brani in scaletta è allo stesso tempo radicale e rispettoso: radicale perché la traslazione all'interno dell'universo friselliano è totale; rispettoso perché l'integrità-riconoscibilità melodica delle canzoni viene attentamente salvaguardata. Solo cinque volte si superano i cinque minuti, quasi sempre si rimane sotto i quattro, raramente (in "Mother," ad esempio), si spinge sul pedale dell'improvvisazione. A fare la differenza sono i dettagli e le trame, il calore, i colori.
Accross the Universe (5.53)
Across the Universe è un brano musicale pubblicato per la prima volta in No One's Gonna Change Our World, una raccolta con fini di beneficenza di artisti vari uscita nel dicembre 1969. La canzone fu poi modificata ed inserita nell'album Let It Be della band di Liverpool. Qui Frisell ce la propone in una versione molto intima e rallentata.
Revolution (3.50)
Si presenta in una veste molto più graffiante e cattiva della sorella contenuta nel White Album e quindi molto più consona al titolo stesso della canzone, la chitarra distorta ci porta in un'atmosfera rockeggiante.
Nowhere Man (5.14)
Brano al limite del commovente, ritmico; fantastico l'incrocio tra la steel e chitarra elettrica, ogni passaggio è pensato e articolato in modo preciso e sentito, poca importa se non lo possiamo definire strettamente jazz.
Imagine (4.52)
Non servono spiegazioni...basta ascoltare. Forse è nata un po' troppo timida questa versione di Imagine ma ci attestiamo sempre a grandi livelli di musica.
Please Please Me (2.06)
Rispettato in pieno il senso trascinante dell'originale, le viene dato forse un tocco country che non guasta, Frisell resta sempre un elegante arrangiatore.
You've Got to Hide Your Love Away (5.10)
Scritto da John Lennonè una delle prime incisioni del gruppo a risentire dell'influenza del folk americano e di Bob Dylan. Splendido l'impasto sonoro tra il violino e il resto del gruppo
Hold On (Hold On John) (3.56)
"La musica di John Lennon è stata con me, la mia band, tutti quanti, il mondo intero potrei dire da sempre. Sono canzoni che sono parte di noi, nel nostro sangue" Bill Frisell.
In My Life (4.05)
Deliziosa (ah, quelle sovrapposizioni da brivido tra steel e Telecaster! Il violino sognante! I colpi di spazzola! E poi un dolcissimo minuetto a chiudere il cerchio. Incantevole!)
Come Together (5.10)
Si torna al rock psichedelico (sentori di Pink Floyd che aleggiano per tutto il brano), anche il violino prende le sembianze elettriche, forse leggermente troppo lenta rispetto all'originale, ma qualche sbavatura la perdoniamo, anche perchè ognuno di noi ha un registro storico di queste canzoni che è diverso da quello di un altro musicista... Frisell la sentiva così.
Julia (3.31)
Una ballad da gustare davanti al camino, con il fioccare della neve, un buon bicchiere di vino con accanto la persona amata.
Woman (4.21)
Unico brano dove l'anima jazzistica di Frisell esce e si concede un breve solo di chitarra improvvisato. Riesce a coniugare il rispetto di queste canzone (al limite dall'essere patrimonio Unesco) e il suo bisogno di essere sempre e comunque un musicista jazz.
Number 9 Dream (3.42)
Il brano segue la fascinazione che il numero 9 esercita su Lennon che era nato il 9 ottobre. Frisell riesce a dare questa sensazione di sogno, anche attraverso una percussiva e ripetitiva figurazione ritmica
Love (2.18)
La canzone, una delle composizioni più minimali e semplici di Lennon, fu pubblicata per la prima volta nell'album John Lennon/Plastic Ono Band.
Beautiful Boy (3.28)
La canzone è una sorta di ninna nanna dedicata al piccolo Sean. Nei confronti del suo primo figlio Julian, Lennon era stato un padre un po' assente, perché continuamente impegnato nelle tournée dei Beatles. Aveva dunque deciso di non ripetere lo stesso errore con Sean, ed anche per questo motivo si era infatti ritirato dalle scene tra il 1975 ed il 1980.
Mother (6.28)
Sebbene il brano si intitoli Mother (Madre), è un grido di dolore indirizzato ad entrambi i genitori di Lennon, che lo “abbandonarono” durante l’infanzia.
Il padre di John, Alfred Lennon, lasciò la famiglia quando egli era ancora piccolo e la madre Julia fu investita da un’auto e uccisa sulla strada da un poliziotto ubriaco fuori servizio, quando il figlio aveva 17 anni.
Give Peace a Chance (3.38)
La canzone fu scritta durante la celebre luna di miele Bed-In di Lennon e Yoko Ono: quando un giornalista chiese loro cosa pensassero di ottenere standosene a letto, Lennon rispose spontaneamente: «All we are saying is give peace a chance» (Tutto quello che stiamo dicendo è date una possibilità alla pace)
Strawberry Fields (2.43)
Canzone pubblicata nel 1967 come singolo assieme a Penny Lane. "Strawberry Field" era il nome di un orfanotrofio situato in Beaconsfield Road, Woolton, Liverpool, vicino alla casa d’infanzia di Lennon.[6] Lennon e i suoi compagni di giochi Pete Shotton, Nigel Whalley, e Ivan Vaughan erano soliti giocare nel giardino alberato dietro l’edificio. Qui Frisell ce la fa sentire in una versione intima e sentita.
Musicisti:
Bill Frisell (chitarra elettrica);
Greg Leisz (steel guitar, chitarra acustica);
Jenny Scheinman (violino);
Tony Scherr (contrabbasso);
Kenny Wollesen (batteria)
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