venerdì 6 gennaio 2012

MCCOY TYNER THE REAL MCCOY


Dopo aver passato alcuni anni nella formazione di John Coltrane McCoy Tyner sentì il bisogno di intraprendere la carriera da solista, di lui Coltrane disse: “Ha inventiva melodica e idee chiare su ciò che vuole suonare. Ha un pianismo personale.”
In questo album, il suo primo con la Blue Note, Tyner rivela l’intero ventaglio di possibilità che il suo modo di suonare offre, esprime a pieno la sua concezione di fare musica e non concede spazio a compromessi commerciali, esprime tutto l’amore che ha di comporre, da qui la genesi del titolo, The Real McCoy, la sua anima, il suo pensiero.
Questo disco è jazz allo stato puro, realizzato con un manipolo di star del jazz come il sassofonista Joe Henderson, il contrabbassista Ron Carter ed il batterista Elvin Jones. Tutti i brani sono composti dal leader che, dopo la pubblicazione, acquisteranno una fama tale da divenire degli standard.

Passion Dance (8.44)
E’ sicuramente il brano simbolo dell’album, un ritmo percussivo e africaneggiante dà il via a questa traccia. I richiami alla danza sono palesi, ma il ritmo è ossessivo, esasperato ed ipnotico, con il pianoforte che avvolge l’ascoltatore in una spirale di suoni fantastica, intanto Jones pesta alla batteria come un forsennato. Dopo l’esposizione iniziale del tema Henderson ritorna per il solo, duro, aspro e spigoloso, perfettamente in tono con il brano. Segue l’assolo di batteria di Elvin Jones, lascia senza fiato la capacità percussiva abbinata alla precisione di questo musicista, che precede la riproposizione del tema. Tyner dirà di questo brano: “Dopo averlo scritto, mi suonava come una specie di danza pellerossa. Mi evocava rituali e stati di trance”.


Contemplation (9.10)
Questo brano smorza i toni infuocati di Passion Dance, ha una connotazione più riflessiva (dirà che gli ricordava un uomo solitario, un uomo immerso nei pensieri della vita), da ballad, che ricorda alcuni umori coltraniani. Questa traccia si apre con un assolo di sassofono, introdotto da batteria e contrabbasso, lirico e virile nello stesso momento. Poi è il momento di Tyner che improvvisa mettendoci tutta la sua passione, sfiorando in alcuni passaggi l’avanguardia. Il sottofondo di Jones è maestrale, più che uno strumento ritmico, diventa quasi uno strumento aggiunto alla melodia, crea contrappunti a Tyner. Il solo di Carter, invece, crea un momento di riposo, di riflessione, in cui l’ascoltatore quasi ha il tempo di elaborare la musica ascoltata, alla fine del quale riprende il tema iniziale di sax tenore. Henderson in questo brano sfiora l’inarrivabile “trane”  senza mai imitarlo, dando prova di essere un tenorsassofonista di spessore.


Four By Five (6.33)
Brano molto particolare, il titolo, come spiega Tyner, deriva dal fatto che è un pezzo in 4/4 esternamente ma in 5/4 nell’anima, infatti, i solisti improvvisano come se ci fosse un quarto in più, pur mantenendo il tempo in 4/4. La linea melodica inizia con un ritmo canzonatorio, con l’esposizione del tema di Henderson, per poi prendere una velocità inaudita che imita la frenesia di una grande città. Joe Henderson suona come, forse, non lo si era mai sentito prima: è una delle sue migliori performance, una perfetta sintesi fra tradizione e l’inizio del free jazz. Il solito Jones trova la sua perfetta dimensione, facendo emergere il suo personalissimo modo di suonare la batteria, trovando in Carter un perfetto partner musicale. Il seguente solo di Tyner porta il suo marchio di fabbrica, tecnico, preciso, chiaro, con il martellante ritmo scandito dalla mano sinistra. Il brano si conclude con una serie di stacchi di Jones e la classica riproposizione del tema da parte degli artisti e cluster finale.


Search For Peace (6.27)
A proposito di questo brano, Tyner disse: “Scelsi questo titolo perché il brano ispira un sentimento di tranquillità. E’ davvero difficile spiegare questa musica. L’importante è ciò che l’ascoltatore prova nel sentirla, ma se dovessi esprimermi su questo brano direi che dev’essere eseguito pensando al rapporto dell’uomo con Dio e abbandonandosi all’universo”.
E’ una ballata, intimista e accattivante, dai toni crepuscolari. L’assolo di Tyner è chiaro, tranquillo, riflessivo, in risposta Henderson dimostra tutta la sua capacità melodica in un assolo che trasmette pace. Un brano da ascoltare al buio, con le cuffie, immersi nei propri pensieri e nei propri sentimenti, gustandosi ogni nota suonata da questi artisti meravigliosi.




Blues On The Corner (5.58)
Chiude in grande stile questo disco meraviglioso. McCoy disse che questo brano era nato da un ricordo d’infanzia di quando viveva a Philadelphia: molti dei ragazzi che aveva conosciuto erano cresciuti e avevano imparato cos’era la vita in un angolo di strada. Questa traccia è una sorta di ritratto musicale di quella scena. Il tema e i soli sono pensati e improvvisati, cercando di ricordare le sensazioni e i sentimenti di quei ragazzi.
E’ un blues tirato, suonato da tutti e quattro con forza ed intensità. Non c’è pausa, le note corrono serrate e rincorrono il tempo. Jones tiene il tempo con ardore, percependo la stabilità e la sicurezza che infonde Ron Carter al gruppo. Il contrabbassista permette a Henderson e Tyner di essere liberi di improvvisare a proprio piacimento, volando entro i limiti estremi nell’armonia. Una rullata di Elvin Jones, come da copione, chiude il brano ed un album perfetto.


Come riflessione finale direi che questo album è un capolavoro, non di facile ascolto per chi non è avvezzo al jazz, ma una volta affinato il proprio gusto musicale è un disco da assaporare nota per nota. Sicuramente è un album immancabile in una collezione e apre il mondo di McCoy Tyner, uno dei più importanti pianisti dagli anni Sessanta in poi. Sicuramente uno dei miei pianisti preferiti, se vi è piaciuto certamente avrete modo di leggere altre recensioni su di lui in questo blog... se al contrario non vi è piaciuto avrò modo di convincervi con altri suo dischi!

Musicisti:
McCoy Tyner     Piano
Joe Henderson   Sax Tenore
Elvin Jones        Batteria
Ron Carter        Contrabbasso

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