Mi sto rendendo conto che in questo blog sto presentando molta musica nuova e soprattutto di artisti italiani, vi devo confessare che inizialmente non era questa la mia intenzione. Quando ho cominciato pensavo fosse interessante promuovere i dischi di famosi artisti che mi avevano lasciato qualcosa, ma proseguendo in questa avventura ho capito che la scelta iniziale non sarebbe stata molto interessante. In fondo per chi è un esperto i vari Miles Davis, John Coltrane, Charlie Parker o Sonny Rollins sono già notissimi e conosciuti, in oltre trovare notizie su di loro è oltremodo facile e accessibile. Al contrario per chi esperto non lo è approcciare al jazz con la musica di questi straordinari (ma difficili da comprendere) è quanto meno un azzardo, si rischia, dopo un primo ascolto, di bollare il jazz come una musica di elite e solo per esperti musicofili, quando, al contrario, questa musica nasce dal popolo per il popolo. Così ho trovato questo filone del jazz italiano estremamente adatto, in quanto, unisce le caratteristiche della musica afroamericana con quelle della liricità e melodica italiana, in modo da far scoprire agli esperti dei musicisti poco conosciuti e ai neofiti offre un ponte di collegamento tra quello che ascoltano abitualmente e un mondo musicale alternativo gravemente oscurato dai mezzi di comunicazione di massa.
Facendo fede a questa lunga premessa oggi propongo questo cd di un giovanissimo, quanto promettente, pianista, Vincenzo Danise. All’età di nove anni intraprende gli studi musicali di pianoforte classico, affidandosi all’insegnamento di Miriam Longo, sorella dell’insigne Alessandro. La sua carriera concertistica ha inizio nel 1993 con la partecipazione a numerose rassegne musicali presso il Centro Culturale FROM.
Nel 1996 è ammesso al Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli con la valutazione di 9/10. Parallelamente ad una solida formazione classica di base, derivante dagli studi in Conservatorio, amplia i suoi interessi musicali prendendo parte ad importanti seminari con Joe Diorio, Enrico Pierannunzi e Danilo Rea.
L’anno successivo vince una borsa di studio partecipando al Concorso jazz per Piano solo indetto dalla Yamaha.
Nel 2006 risale la sua affermazione al Concorso Chicco Bettinardi, nuovi talenti del jazz italiano, nel quale, oltre ad aggiudicarsi il primo premio da parte della giuria, ha conquistato anche il premio del pubblico. Nel 2007 vince una borsa di studio per partecipare i Seminari Senesi di Jazz, seguendo i Master di: Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, Stefano Battaglia, Franco D’Andrea, Mauro Negri.
Immaginando un trio (5.47)
Lo stesso Danise dà una sorte di sottotitolo a tutti i suoi brani per spiegarli. Il sogno di vibrazioni che si fondono l'una nell'altra. Il sogno di un'armonia perfetta. Già in questo primo pezzo (che dà il nome all'album) ci conduce subito in un'atmosfera poetica che avvolge tutto il suo progetto musicale, intervallando temi sognanti a rapide scale jazz.
Fuoco dal mediterraneo (6.42)
Passione partenopea che si esprime in creatività o in rabbia. Molti brani sono composti dal giovane pianista, in questo prende posto alla batteria Stefano Costanzo, con un’apertura trascinante e note incalzanti intrecciate in una sorta di tarantella jazz, con sonorità a metà tra Spagna e Napoli. Poi le note si fondono in accordi minori, il ritmo sfuma, un po’ di malinconia pervade il brano, ma è roba momentanea, un ardore soltanto sopito, come un fuoco dormiente pronto a rinvigorirsi al primo alito di vento.
Ares (8.02)
Un brano pieno di gratitudine per incontri cruciali che segnano e insegnano. Brano dedicato, credo, ad Ares Tavolazzi. Non diffidiamo affatto della terza traccia, invece, con le sue variazioni di una sequenza di accordi minori, a tratti minacciosi ed a tratti inquietanti, con un sofisticato intermezzo centrale con il violoncello di Vigorito che lo rende elegante ed un ritorno “in extremis” al tema principale, valorizzato dalla batteria di Stefano Costanzo che ne accresce la drammaticità.
Marte (5.45)
Stella: una donna, un amore, le sue contraddizioni. Un'irresistibile diversità. E' un brano interessante, di concezione eclettica, con cambi ritmici e armonici ricchi di suggestione. Alla batteria ritorna Parlati.
'A Vucchella (9.09)
Gabriele D'Annunzio prestò la sua penna alla cultura partenopea che grata lo ricambia suonando la sua arte. Riarrangiamento in stile jazz di un brano della napoletanità classica, slow song con una melodia che si intravede nel fraseggio morbido. La ritmica fa un grande lavoro di supporto per dare quel tocco di originalità e novità. Impeccabile il solo di contrabbasso a metà del pezzo, pieno di sentimento e di passione.
La rumba degli scugnizzi (4.42)
Tra i vicoli della mia città anche vivere è un'arte. Ogni voce è un canto, ogni gesto una recita, ogni viso una storia. Questa è la mia. Arrangiamento più duro e ruvido per il secondo brano tratto dal repertorio partenopeo. Il sound diventa più aggressivo e ritmato e anche armonicamente Danise si lascia andare in qualche passaggio fuori quasi a raffigurare la vita nella Napoli frenetica di oggi. Dà sfogo a dei soli di possente tecnica.
Santosa (7.21)
Una serenata appassionata, elegante ed inquieta. Questo è un brano di Costanzo (che continua a presidiare la batteria), eppure quasi non si avverte il cambio di mano rispetto al “concept danisiano” impresso nel resto dell’opera: un elaborato e delicato accompagnamento ritmico. I musicisti dimostrano per tutto il lavoro una grande empatia e un notevole interplay.
Good bye (6.44)
Il racconto delle speranze e delle paure racchiuse in ogni distacco. Brano che chiude il cd ed è una sorta di saluto malinconico che il leader vuole dare all'ascoltatore con un richiamo (soprattutto nella ritmica) a Pat Metheny ed un finale trascinante di stampo sudamericano.
Musicisti:
Vincenzo Danise (Pianoforte)
Ivo Parlati (Batteria)
Aldo Vigorito (Basso e Archi)
Stefano Costanzo (Batteria track 2,3,7)
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